Oggi è la pizza, domani le relazioni personali (ci siamo quasi) e udite, udite ci sarà anche il tango....
Bradbury, Orwell, Ballard ce l'avevano detto e noi che pensavamo che ci sarebbe stato tutto nel futuro.
The Future is Now!!
Ricevo e inoltro:
PIATTI E REGOLEE la burocrazia entra in cucina:
una legge per la «vera pizza»
Dagli ingredienti ai gesti per impastarla: a Bruxelles le norme per la
napoletana
Otto articoli per un disciplinare dettagliatissimo: peso dei panetti,
spessore del disco, gradi del forno a legna e tempi di cottura. Steso del
2004, il testo è stato ultimato solo ora, a causa delle mille obiezioni
avanzate dalla Commissione Ue, che deve decidere sul marchio
(Epa)ROMA In piena crisi politica, il governo Prodi riesce a chiudere
una pagina burocratico- culinaria essenziale per la futura tutela della
«vera» pizza napoletana. Laura La Torre, direttore generale per la
qualità dei prodotti alimentari del ministero per le Politiche agricole e
forestali, ha consegnato alla Gazzetta ufficiale europea la proposta di
riconoscimento del marchio di S.T.G. (specialità tradizionale garantita)
della pizza napoletana. Entro sei mesi l'Unione europea dovrà presentare
le sue osservazioni. E alla fine del 2008 chi vorrà esporre il marchio
S.T.G. per la sua pizza napoletana «protetta » dovrà rispettare
scrupolosamente pesi, ingredienti, tempi di cottura, dimensioni. Le regole
del «disciplinare» (otto corposi articoli) sono contenute nel testo
della proposta di riconoscimento apparsa sulla Gazzetta ufficiale del 24
maggio 2004.
Nulla di affidato al caso. Visto che siamo in un'Italia capace di
spaccarsi su tutto, il regolamento fu a suo tempo il frutto di un accordo
tra le due principali associazioni di categoria: «Verace pizza »,
presieduta da Antonio Pace ( www.pizzanapoletana. org) e l'Associazione
pizzaiuoli napoletani ( www.pizzaiuolinapoletani. it) guidati da Sergio
Miccù. I comandamenti sono rigidi. Venti minuti per l'impasto, due ore di
lievitazione. Realizzazione di panetti per le singole pizze «tra i 180 e
i 250 grammi», il disco di pasta steso dovrà avere «al centro lo
spessore non superiore a 0.3 centimetri e al bordo non superiore di 1-2
centimetri formando così il "cornicione"». Attenzione: «Con un
cucchiaio si depongono al centro del disco di pasta 80 grammi di pomodori
pelati frantumati, con movimento a spirale il pomodoro viene sparso su
tutta la superficie centrale». Cottura solo «in forni a legno dove si
raggiunge una temperatura di 485 gradi». In quanto all'aspetto finale:
«Cornicione rialzato, colore dorato, morbida al tatto e alla degustazione
da un centro con la farcitura dove spicca il rosso del pomodoro cui si è
perfettamente amalgamato l'olio».
Non si citano le alici, e questo sarà un problema per molti palati. Ma
c'è un divieto: «La pizza va consumata immediatamente appena sfornata.
L'eventuale asporto verso abitazioni o locali differenti dalla pizzeria
determina la perdita del marchio». Come faranno i tifosi che si godono la
partita organizzando una pizza con amici? Una banale pizza qualsiasi.
Niente marchio. Molto soddisfatto Rosario Lopa, presidente del Comitato
per la tutela della pizza napoletana, esponente napoletano di An,
protagonista di un mini- caso politico. Lunedì circolava una sua nota
stampa con tanto di carta intestata «Ministero delle politiche agricole
alimentari e fores tali». Ma ieri ha corretto il tiro, parlando di un
banale equivoco della sua segreteria. La carica presidenziale gli deriva
dalla faticosa intesa tra pizzettari area Antonio Pace e pizzaiuoli fedeli
a Sergio Miccù nel 2004, quando il ministero era retto da Gianni
Alemanno. E il suo incarico ha resistito all'arrivo del governo di
centrosinistra e all'insediamento del ministro ulivista Paolo De Castro.
La pizza è evidentemente bipartisan.
Dice Lopa: «Sono stati nominato perché i due comitati erano
"litigarelli", tutto qui. E finché non c'è il marchio, non si può
costituire un consorzio. A cosa serve il marchio? A tutelare una
tradizione e un'identità. Ma anche ad aprire prospettive di mercato in
Campania: quando il marchio sarà una realtà, molti prodotti verranno
dalla nostra terra». Ma perché sono passati quattro anni dal testo del
2004 alla consegna alla Gazzetta ufficiale europea? La risposta di Lopa
svela un quadriennio di lunghi confronti burocratici: «Da Bruxelles sono
arrivate mille obiezioni e altrettante richieste di chiarimento sul
disciplinare. Una tra tante: "A Milano, in un articolo di giornale, si
sostiene che la pizza si può fare anche col ragù. È vero?". E noi, ogni
volta, abbiamo dovuto rispiegare che la vera pizza napoletana... ».
Misure e calorie La pizza deve avere un diametro «non oltre i 35 cm» Il
disciplinare indica anche le calorie: 149,47 per 100 grammi di Marinara;
188,04 per 100 grammi di Margherita extra
Paolo Conti
30 gennaio 2008
APOCALYPSE NOW !!!!
3 commenti:
Sono d'accordo che non si debba burocratizzare il tango, ma fino ad un certo punto, cari amici.
Per esempio esistono gli stili e questa distinzione e' inequivocabile, quasi innata nel tango stesso (mi dicono che esistono diversi stili a seconda dei diversi quartieri in cui questi nascono, a Buenos Aires: es. Villa Urquiza etc). Dire per esempio tango aperto o tango chiuso, abbraccio aperto o serrato, anche questo significa burocratizzare il tango o e' forse solo un "codice" per capire cosa e come stiamo ballando, cosa stiamo facendo ?
Sinceramente quando vado a ballare in milonga non chiedo prima alla mujer che tipo di tango balla: ballo e basta, ma poi durante la tanda si possono avere spiacevoli sorprese se il "codice" con cui si comunica e' diverso. Fortunatamente riesco spesso ad adattarmi, ma mi accorgo che queste differenze esistono.
Per concludere, spero di non essere andato fuori tema e di aver colto la simpatica provocazione di Jorge, il vero tango argentino, quello d.o.c., non e' ne' aperto ne' chiuso: secondo me e' tutto tango argentino e vi spiego perche': quello piu' stretto DICONO che e' quello piu' in voga da sempre e che e' quello che si balla a Buenos Aires nelle milonghe tradizionali, quindi se si balla a Buenos Aires da sempre e lo si balla anche oggi nessuno potra' dire che non sia tango argentino. Ed il nuovo tango ? Quello piu' aperto e figurato ? Qualcuno dice che e' una involuzione del primo, qualcun'altro dice che e' invece e' una evoluzione. Lo insegnano maestri argentini in Europa ? Si. Viene ballato anche a Buenos Aires in milonghe piu' all'avanguardia ? Io non lo so, ma mi dicono che e' cosi'. E allora e' anch'esso tango argentino, non trovate ?
E massima liberta' nella scelta di cio' che vi piace di piu', questo sempre. :D
Niky
Lo stesso valga per la musica.
Chi può dore che gli Otros Aires non suonano Tango ? Eppure c'è chi lo dice, chi sostiene che si possono ballare a mo' di menaito !
Chi dice che sono una evoluzione del tango chi dice che rappresentano una fase di involuzione del tango. Le regole....per un tango ci vuole per forza un bandoneòn ? Loro ce l'hanno. E se suonassero senza bandoneòn non sarebbe più tango ???
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